Vladivostok

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Citazioni su Vladivostok.

Luigi Barzini[modifica]

  • Certo è che Vladivostok potrà divenire la San Francisco dell'Impero Moscovita, e l'attivo movimento del primo tratto orientale della Transiberiana, che non arriva che a Kabarovsk, sull'Amur, mostra quale estensione potrà prendere il commercio d’importazione che le ditte straniere si propongono. Poiché qui si tratta di sola importazione. L’esportazione è rappresentata da pellicce e legname soltanto, e non vi è ombra d’industrie.
    Inoltre Vladivostok non rappresenterà soltanto una porta della Russia, ma dell'Europa intera; Vladivostok e Talienwan saranno le due bocche dello sterminato rettile di ferro transiberiano, per le quali esso si prepara a mangiare tanta parte del commercio orientale.
  • Quello che è sorprendente in Vladivostok è che essa non ha nessun carattere di città orientale: è russa. Non si direbbe che all'epoca della guerra di Crimea questa terra fosse ancora cinese (ed è proprio per la guerra di Crimea che non lo è più; l’Orso Russo non potendo mangiar di là, mangiò di qua). Vi sono dei cinesi, ma così pochi in proporzione che non guastano, e poi parlano russo e portano il berrettone di pelo. Su cinquantamila abitanti, militari compresi, non vi sono quattromila cinesi.
  • Si finisce col dimenticare di essere nell'Estremo Oriente ad un passo dalla Cina e due dal Giappone; ci si crede in piena Russia d’Europa.
  • Vladivostok è nuova, e ha tutta la freschezza e la gaiezza della gioventù - che fa a meno delle comodità e del tempo buono. Curiosa città che mostra fra palazzi moderni e chiese sontuose ampi pezzi di campagna selvaggia, rocce e colline senza sentieri, quasi che i suoi edifici fossero stati posati in fretta nel bel mezzo d’una regione inesplorata.
    Hanno cominciato a tracciare delle vie larghe e dritte che si tagliano ad angolo retto, vie immense che si arrampicano sul monte che fronteggia la baia e si distendono in direzione della costa. Poco per volta gli edifizî, come una cristallizzazione, si sono andati attaccando ai bordi di queste vie in progetto, lasciando grandi rettangoli di terra brulla, il cui effetto è così strano.
    È una città in formazione, ma che sorge sopra un progetto, invece di venir su alla nostrana crescendo e allargandosi secondo il bisogno.
    Poco per volta i grandi edificî – che sono tutti nati in questi ultimi due anni – cacciano via le casupole di legno che si ritirano verso il ponente, sulla baia Amur, come un armento in fuga, mostrando in distanza le loro groppe di zinco affollate. E sul bund, sulla via principale – che è l’unica via in qualche punto pavimentata - si allineano gli alberghi di primo ordine, i grandi magazzini – che potrebbero competere con quelli di qualsiasi città europea – gli uffici, i palazzi governativi, le banche. Fuori della città, sotto i forti, si vedono enormi edificî rossi che formano dei veri sobborghi: sono caserme, e caserme, e caserme.

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